Per quanto è noto a livello archeologico, dopo la prolifica stagione augustea il panorama monumentale di Ariminum restò per secoli quasi inalterato, se non per lievi modifiche e restauri.
Alcune iscrizioni menzionano il rifacimento di un macellum, mercato alimentare e di transazioni commerciali, e l'edificazione di una schola in muratura e legno per le riunioni di qualche corporazione cittadina.
Tra il foro e la basilica è stata rinvenuta una grande fontana ornamentale a ninfeo e, all'imbocco del cardo maximus, sono ancor oggi visibili i resti dell'anfiteatro eretto in età adrianea. L'impianto ospitava spettacoli gladiatori, era lungo 117 metri e destinato a più di 10.000 spettatori. La struttura era di forma ellittica in conglomerato cementizio rivestito da paramenti laterizi; l'esterno, era su due ordini, di cui l'inferiore porticato, che presentava una serie di sobrie ed eleganti arcate inquadrate da lesene tuscaniche con trabeazioni a dentelli.
A partire dall'età flavio-adrianea possediamo abbondante documentazione musiva riguardo alle abitazioni private: le indagini rivelano una crescente propensione per complesse raffigurazioni, dapprima in bianco e nero, poi policrome. Tra i contesti di scavo più rappresentativi, l'ex Vescovado, con la sequenza di tre piccole domus - una delle quali a peristilio - ed un'abitazione protoimperiale a ridosso delle mura, presso l'arco di Augusto, dotata di numerose stanze mosaicate, vasche e impianti di riscaldamento riconducibili ad un complesso termale.
Eccezionali i resti scoperti a palazzo Diotallevi: un settore residenziale incentrato su un cortile contornato da vasche e prestigiosi ambienti di soggiorno e di rappresentanza, databili alla prima metà del II sec. d.C. Un vasto triclinium presenta ercole ebbro all'interno di una cornice vegetale e la soglia di ingresso accoglie un mosaico bianco-nero con la scena di pescoso fondale marino solcato da navi dirette al porto.
Le necropoli anche ad Ariminum, come da consuetudine nel mondo romano, si sviluppano lungo le principali vie suburbane, in particolar modo ai lati della Flaminia. Diversi raggruppamenti tombali si estendevano per chilometri, fino alla chiesa della Colonnella. Il rito crematorio era diffuso fino al II-III sec. d.C., quando invece si diffuse l'inumazione con la deposizione di corredi ornamentali, lucerne, balsamari e ceramiche da mensa. Le architetture tombali sono quelle tradizionali: alla cappuccina, a cassa laterizia e in anfora per gli inumati, in cassette fittili o urne cinerarie per i cremati. Le bare in piombo avevano valenze cerimoniali più peculiari e probabilmente origini orientali.
Spesso le tombe presentavano modesti segnacoli lapidei: cippi, stele e are che presentavano immagini simboliche a volte associati a ritratti a busto oppure a figura intera, come i Murrici ed Egnatia Chia; più rari, ma molto più rappresentativi, i grandi sepolcri monumentali come quello di Maecius e Ovius Fregellanus.