Gli ambienti di rappresentanza delle domus esibivano anche auliche immagini di vita quotidiana che celebravano il dominus e la sua famiglia: esemplari la “Venere allo specchio” e la scena di processione con doni, entrambe dallo scavo di palazzo Gioia.
La prima è forse un omaggio alla padrona di casa, ritratta seminuda come una dea sullo sfondo di un paesaggio esotico che richiama possedimenti in terra d’Africa; la seconda, inserita nel portico che conduceva alla più prestigiosa sala del palazzo, presenta un corteo di servi che reca i cesti con i prodotti dei campi, introdotto da un personaggio in tunica bianca, anch’esso con un dono. Entrambi questi mosaici, così come il pavimento con motivi geometrici entro rosone, si inquadrano nella ristrutturazione edilizia del V secolo, mentre l’ambiente più prestigioso e ufficiale del palazzo, conserva uno splendido pavimento del II secolo d.C., il mosaico “delle Vittorie”.
Erano infatti due Vittorie alate con i segni del trionfo, la palma e lo scudo, ad accogliere l’ospite sulla soglia della sala, scandita al suo interno da esagoni che racchiudono eleganti scene del mito con protagonisti Satiri, Menadi, Ninfe e mostri marini.
Dallo stesso isolato proviene il mosaico con pavone esposto nell’ambiente successivo: un esempio di come, fra la fine del V e il VI secolo, la decorazione di interni accolga iconografie oramai chiaramente legate alla cristianità. Come il kantharos, il grande vaso ansato per il vino, al centro di un pavimento in mosaico e lastre di marmo dallo scavo della Scuola Industriale, datato fra VI e VII secolo.
Specchio del mutato panorama urbano, che dal IV secolo vede l’affermarsi di un’edilizia palaziale e in parallelo il dilatarsi di spazi coltivati o d’abbandono, sono da un lato le ampie campiture di mosaico e dall’altro il fenomeno delle sepolture dentro le mura cittadine qui rappresentato dalla tomba alla cappuccina che taglia un mosaico tardo antico.