Nel VI sec. a.C. Verucchio cede l’egemonia al porto sull’Ariminus, il fiume Marecchia, rivitalizzato dalla nuova politica etrusca in area adriatica. Etruschi, Umbri e Piceni, aperti agli scambi con Atene e le altre città greche, convivono, fra VI e IV sec. a.C., nel territorio, animando un panorama multiculturale che si rispecchia nella stipe di Villa Ruffi, il deposito votivo ritrovato nell’Ottocento sul colle di Covignano e poi disperso dal commercio antiquario fra musei europei e americani.
Formatosi fra V e III secolo a.C. intorno al culto di divinità della guerra e delle acque, il deposito si compone di due statue (Atena e una giovane dea della fertilità e delle acque, forse Cupra) e di una ciotola in marmo (riprodotte in calchi), tre statuette - di cui una del dio Marte - un secchiello e una base in bronzo, vasi in ceramica greca. Il dio della guerra torna, in atteggiamento di assalto, nel bronzetto dalla località San Vito.
Databili allo stesso periodo sono alcue testimonianze, seppur limitate, di una frequentazione greca nell'area del centro di Rimini: frammenti di ceramica attica a figure rosse, ceramica a vernice nera e vasellame vario). Inoltre tra i rinvenimenti più discussi si colloca la stele con profilo di guerriero armato, che reca un'iscrizione di dubbia interpretazione. La datazione maggiormente condivisa si colloca nel V sec.
A un’architettura sacra di matrice etrusca sembra appartenere l’enigmatica antefissa (decorazione del tetto) con busto femminile che reca tracce dell’antica policromia.
È ancora il colle di Covignano a gettare luce sul popolamento fra VI e IV secolo a.C.: l’area dell’ex Seminario ha restituito una sepoltura di guerriero e resti di un abitato in cui emergono aspetti della cultura etrusca. Così nella spada ricurva (machaira), elemento principale del corredo funerario; e così nella coppa con graffita la scritta MI TITAS, dichiarazione di possesso (io sono di Tita), come nelle brocche da vino “a occhioni”, dall’area dell’abitato.
Di tradizione centro-italica anche il piattello in bucchero, la ceramica etrusca grigio-nera, decorato con piccoli cuori, e le terrecotte architettoniche.
La ceramica attica è ben rappresentata sia sul colle (il frammento di vaso a cratere con motivo a palmette e la brocchetta con scena di battaglia a figure nere), sia intorno al porto di foce da cui provengono anche numerosi esemplari di ceramica suddipinta di tradizione apula, nello stile di Gnathia: fiori, volatili, motivi vegetali disegnati sul fondo nero di raffinate coppe e bicchieri con pareti scanalate. Di tradizione etrusca i grandi bicchieri a vernice nera su cui è dipinto il motivo del cd. cigno rosso e la stele funeraria di guerriero con iscrizione
sinistrorsa, datata al IV secolo.
Il commercio marittimo con il mondo greco doveva interessare tutta la costa come dimostra il cratere con scena di combattimento, da una necropoli sul promontorio di Gabicce.